Ciascuno di noi che abbia un abbonamento con una compagnia di telefonia mobile è costretto a pagare ogni mese la tassa di concessione governativa: 5,16 euro per i privati e 12,91 per aziende e professionisti, per un totale di 91 milioni di euro all'anno.
Molte Associazioni Dei Consumatori Hanno Sostenuto, Sulla Base Di Alcune Sentenze, L'illegittimità Di Questo Tributo. Di diverso avviso si è mostrata l'Agenzia delle Entrate, che con la risoluzione 9/E del 18 gennaio 2012 ha ribadito l'obbligatorietà del pagamento della tassa per tutti i privati e gli enti pubblici non statali, rifacendosi in particolar modo all'articolo 21 della Tariffa allegata al Dpr 641/1972, che prevede il pagamento della tassa di concessione governativa a fronte del rilascio della "licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione". Ma per il Codacons la tassa resta illegittima.
Volendo fare un passo a ritroso, questa tassa era nata come tributo a carico delle società telefoniche per ottenere la concessione all'utilizzo delle frequenze, ma il Governo aveva poi stabilito che dovessero essere i titolari del contratto di abbonamento al cellulare, considerato "bene di lusso", a doverla pagare. Nel 2003 però è entrato in vigore il Codice delle Telecomunicazioni, in attuazione di alcune direttive europee relative alla liberalizzazione del mercato, che, secondo quanto sostenuto dal Codacons, ha abrogato i presupposti su cui si fonda proprio la tassa di concessione governativa.
Infatti, l'articolo 3 garantisce "i diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza nel settore delle comunicazioni elettroniche", impostazione che contrasta con quella precedente che invece richiedeva un'autorizzazione, e quindi una licenza, per poter accedere alle reti di comunicazione.
Secondo quanto riportato dal Codacons, le sentenze numero 33 del 2 aprile 2012 e numero 5 del 10 gennaio 2011 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto e la sentenza numero 37 del 15 febbraio 2011 della Commissione Tributaria di Perugia hanno riconosciuto che con l'entrata in vigore del nuovo Codice delle Telecomunicazioni la tassa di concessione governativa non è più prevista, definendola illegittima e anacronistica in un mercato che è stato oggetto di un processo di privatizzazione e liberalizzazione che "ha avuto come principale conseguenza il passaggio dalla concessione al contratto, cioè uno strumento di diritto privato il quale presuppone una posizione di parità tra i contraenti" (Commissione Tributaria Regionale di Venezia - Mestre, Sez. I n. 5/1/11 depositata il 10 gennaio 2011).
La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica non è più quindi proprietà esclusiva dello Stato e in questo modo cade il presupposto giuridico alla tassazione legittima degli atti amministrativi autorizzatori.
Ebbene, tentare il rimborso non costa nulla: basta scaricare l'apposito modulo che è possibile reperire presso numerosi siti di associazioni di consumatori e fare apposita richiesta a mezzo raccomandata a/r alla Agenzia delle Entrate, con allegate le copie delle fatture per cui si fa espressa richiesta di rimborso.