Navigare in internet, scaricare informazioni, inviare dati, lavorare e vivere sulla Rete, grazie anche alle tecnologie mobili è ormai diventata la norma. Il mondo della virtualità è stato accolto da più parti come una sorprendente alternativa green ai processi produttivi industriali: meno carta (quindi meno foreste abbattute) e meno viaggi (quindi meno utilizzo di carburanti fossili). Sempre più frequenti, però, sono i reportage e gli articoli che raccontano il "lato oscuro" di questo sistema, il costo ambientale che sta dietro a internet e alle tecnologie smart.
Ultima in ordine di tempo la notizia della ricerca, compiuta dai laboratori Bell e dal centro australiano Ceet (Energy-Efficient Telecommunications): secondo questo centro di ricerca, Internet e l'intero sistema delle Ict produrrebbero ogni anno circa 830 milioni di tonnellate di biossido di carbonio. Il dato è pari a quello del traffico auto. La ricerca lancia anche uno sguardo al domani: entro il 2020 il numero è destinato a raddoppiare.
Una delle cause di queste emissioni starebbe nei Data Center, megaedifici contenenti tutti i server di un'azienda, macchine che gestiscono e immagazzinano l'ingente mole di dati. È stato rilevato che l'aria, nelle zone dove sorgono, è piuttosto inquinata: i server, infatti, vanno a energia elettrica e questa deve essere prodotta (producendo calore). Solo una piccola percentuale di questa però serve effettivamente al funzionamento dei server: la maggior parte viene infatti utilizzata negli impianti di raffreddamento. Se un surriscaldamento potrebbe mandare in tilt i server, per scongiurare possibili black-out è consuetudine usare generatori di emergenza, i quali però funzionano a gasolio.
Un'atra questione riguarda invece i cellulari di ultima generazione. Un reportage di Mother Jones ha mostrato il ciclo di sfruttamento delle terre rare, elementi chimici presenti nella crosta terrestre e utilizzati per la quasi totalità dei componenti elettronici di smartphone, tablet e televisori hd. Si tratta di elementi indispensabili: le loro potenzialità magnetiche li rendono perfetti per la miniaturizzazione.
Purtroppo però è possibile trovarli solo mescolati con altri elementi, come l'uranio il che richiede dei processi chimici lunghi e complessi per isolarli. Gli elementi vengono spesso liquefatti con temperature altissime, utilizzando, anche qui, quantità incalcolabili di energia elettrica. Gli scarti (si è citato l'uranio) sono poi spesso radioattivi, il che comporta un rischio ambientale e alla salute nel luogo dove vengono stoccati.
Notizie che ricordano da vicino un altro reportage, quello del New York Times sulla Foxconn, azienda che assembla gli iPhone. E anche se non possiamo fare a meno di smartphone e internet per informarci, alternative più rispettose del pianeta e legate alle risorse rinnovabili sono possibili e concrete: nel caso degli smartphone si può adottare una politica di riciclo, riutilizzando gli stessi componenti mentre Facebook e Google hanno già ridotto di molto, negli ultimi anni, i consumi di megawatt.