Samsung sta vivendo giorni sicuramente molto gratificanti. Le vendite ottenute dall'S3 e dal Note2 hanno dato una forte spinta ai conti del gigante sudcoreano: utili cresciuti del 42% rispetto a un anno fa. Ed in tutto il mondo è in fase di lancio l'S4, il modello di smartphone su cui la compagnia punta tutto per ridurre l'iPhone ad un telefono di nicchia per Apple maniaci.
Ma questo non basta a Samsung, che rilancia: tablet e smartphone devono essere guidati dal pensiero. Sembra uno scherzo, ma nel giro di qualche anno i dispositivi mobili potrebbero essere azionati proprio dalla mente, assieme alla voce. L'azienda coreana, assieme al professor Roozbeh Jafari della University of Texas, ha infatti iniziato a lavorare su un dispositivo in grado di poter essere controllato senza tocco o voce, ma attraverso le onde magnetiche emesse dal pensiero, raccolte con un elettroencefalogramma.
Lo sviluppo dei primi prototipi Samsung è a buon punto, con risultati positivi per l'85%-90% di un set di semplici comandi impartiti dalla mente: dai primi esperimenti, i ricercatori riescono a cambiare contenuti dello schermo, avviare applicazioni e scegliere brani musicali da ascoltare. Ma ci vorrà del tempo per lo sviluppo commerciale. Per ora sensori, elettrodi e cavi da indossare sono molto ingombranti, ma tra dieci anni un chip sottopelle potrebbe essere sufficiente. E potremmo telefonare con la mente, guardare la realtà potenziata con gli occhiali di Google.
Questo tipo di futuro apre un chiaro tema di natura sociale: l'uomo ha davvero bisogno di tale tecnologia? La connessione totale, la realtà potenziata, la possibilità di vivere in un mondo parallelo senza uscire dal mondo reale, ci renderanno più socievoli e connessi oppure semplicemente più soli e sopraffatti da troppe informazioni? Un esempio lo abbiamo avuto con Facebook, ci ha "messo in contatto" persone di tutto il mondo, ci ha riconnesso agli amici delle elementari, delle medie, del liceo e dell'università. E tiene sempre più persone incollate al proprio smartphone alla ricerca del falso mito della piena condivisione. Falso perché ci fa dimenticare gli amici più vicini e lo sviluppo di relazioni profonde.
E' il crudo prevalere della potenza sull'atto, del poter essere connessi a tutti in modo pieno ed in qualunque momento contro l'effettiva capacità di costruzione e gestione di relazioni efficaci. Sicuramente serve a Samsung per avere un nuovo mercato con cui aumentare ricavi e profitti. Ma è davvero quello che serve a noi per vivere meglio?