L'attuale panorama economico e finanziario dell'Italia mostra il fenomeno dilagante del credito al consumo che ha inciso fortemente sull'andamento del reddito delle famiglie, la cui analisi ne ha dimostrato la propensione all'indebitamento.
Le famiglie manifestano un crescente interesse per le problematiche legate all'impiego del risparmio idoneo a soddisfare i propri bisogni, a volte voluttuari, o nelle situazioni più gravi atto a pagare debiti magari contratti in precedenza proprio attraverso un altro prestito.
Si è registrata l'evoluzione e la diffusione del credito al consumo, che ha reso l'accesso al credito sempre più crescente attraverso l'erogazione di prestiti personali e carte di credito. A titolo esemplificativo, l'anno che segna la nascita vera e propria della carta di credito è il 1950 quando Diners Club introdusse la prima carta di credito finalizzata all'acquisto di prodotti e servizi.
Il decorso del tempo ha fatto si che queste divenissero strumento di acquisto da parte di un numero di persone sempre maggiore. L'uso spesso inoculato di tali strumenti di credito ha sviluppato una propensione smodata al consumo di famiglie e società fino all'ingenerarsi ed al proliferarsi di un effetto domino di insolvenze, con una crescita esponenziale delle segnalazioni nelle c.d. banche dati private. Tali dati pregiudizievoli ostano all'accesso al credito perché generano un quadro negativo in merito ad affidabilità e puntualità dei pagamenti di chi viene definito "cattivo pagatore". Ma dove si viene segnalati precisamente?
In Italia il gestore più usato da banche e finanziarie è la Crif, un sistema di informazioni creditizie che raccoglie i dati forniti dagli Enti finanziatori partecipanti. La finalità del trattamento dei dati personali è quella di fornire un quadro finanziario e creditizio globale classificando i pagatori ed i loro inadempimenti, ma anche quella di valutare il merito creditizio e contenere il rischio di insolvenze attraverso segnalazioni riguardanti l'andamento dei rapporti di credito.
Spesso, però, tali segnalazioni non aderiscono appieno alla normativa vigente in materia e risultano pertanto formalmente "illegittime". Appare pacifico ritenere che chi che contrae un debito debba assumersi l'onere morale e contrattuale di adempiervi e, ciò non si contesta, ma spesso si ignorano quali siano le modalità di iscrizione del proprio nominativo in tali banche dati.
Ciò che si contesta, pertanto, non è la morosità, bensì lea modalità l'illegittima della segnalazione e laddove il debitore si proponga di dare uno sguardo alla normativa, potrebbe rendersene facilmente conto. I ritardi nei pagamenti producono delle conseguenze spesso sconosciute al singolo individuo, qualora banche e finanziarie non osservino ed applichino puntualmente la procedura prevista.
Ne deriva che, vedersi negata la possibilità di accedere al credito non sempre è il risultato di una corretta e trasparente gestione del proprio nominativo all'interno delle stesse. Lo scopo non è certo ad eludere il dovere di debitore ma tutelare l'uso a volte improprio dei dati. Così, può essere utile elaborare dei reclami volti a rettificare le suddette segnalazioni, attesa la delineazione di un difetto di legittimità, qualora il soggetto debitore non sia stato portato a conoscenza della potenziale ed imminente iscrizione in Crif, subordinata e successiva al mancato pagamento di una o più rate.