Il 2011 non può certo essere definito l'anno del credito al consumo, almeno da quanto si legge dall'ultima analisti del Crif: la Centrale Rischi Finanziari ha infatti accertato come lo scorso anno sia stato caratterizzato da una domanda molto debole delle famiglie italiane, sempre molto prudenti quanto si tratta di questi argomenti. In particolare, il riferimento più interessante è stato quello del periodo compreso tra i mesi di gennaio e settembre, un arco temporale in cui i prestiti personali e quelli finalizzati sono calati di quasi quattro punti percentuali (il 3,7% per la precisione) se si tiene conto del totale dei finanziamenti, mentre in termini di importo da richiedere il declino è stato addirittura più vistoso (-6,5%).
Che cosa sono esattamente i prestiti finalizzati? Questo termine indica i finanziamenti che le famiglie destinano all'acquisto di beni e servizi, un dato che è spesso dominato da autovetture e motocicli. Tra l'altro, bisogna anche sottolineare come i prestiti concessi dalle banche siano diminuiti sempre nello stesso periodo, anche se non di molto (-0,2%): questa tendenza si può ricollegare con il credit crunch, un problema che sta attualmente attanagliando gli istituti di credito del nostro Paese, vale a dire la cosiddetta "stretta creditizia", che consiste in una riduzione generale della disponibilità di liquidità e nella richiesta di requisiti più stringenti per la concessione di prestiti.
Sorprendentemente, però, il barometro del credito di Crif ha anche messo in luce come la domanda di credito da parte delle imprese sia rimasta stabile nel corso del 2011 (nel 2009, solo per effettuare un confronto, il calo era stato pari al 6%). Questo indicatore è senza dubbio fondamentale, anche perché consente di conoscere il livello di fiducia di aziende e imprese nei riguardi di una possibilità di investimento. Il momento economico che si sta vivendo da diversi mesi è ovviamente negativo, ma le imprese nazionali non hanno smesso di rivolgersi alle banche per ottenere finanziamenti. C'è però da rimarcare come la stabilità del dato sia da imputare all'atteggiamento delle imprese stesse, maggiormente propense a rinviare gli investimenti finanziari a dei momenti che possano essere più propizi.