Su 10 Pmi che hanno richiesto un prestito nell'ultimo anno, ben 4 se lo sono viste rifiutare. Delle restanti, 4 hanno visto solo parzialmente accordata la propria richiesta, mentre solo due sono state pienamente soddisfatte.
E' allarmante la situazione fotografata dall'ultima analisi Adnkronos: il credit crunch mette in seria difficoltà le piccole e medie imprese italiane. Le conseguenze della stretta del credito sulle attività aziendali sono pesanti: come conseguenza dei prestiti negati o ridimensionati, 6 Pmi su 10 hanno affermato che nei prossimi 12 mesi saranno costrette a ridimensionare il loro giro d'affari; 3 su 10 si vedranno costrette ad effettuare presto licenziamenti, mentre 2 su 10 considerano addirittura probabile la chiusura.
Stando così le cose, cresce anche la percentuale di imprese che decide di non rivolgersi alle banche per un finanziamento: attualmente il 65% di esse rinuncia in partenza alla richiesta. E parallelamente aumentano le sofferenze bancarie delle Pmi: l'Associazione Bancaria Italiana a giugno ha registrato un nuovo record, a quota 138 miliardi di euro.
In questo complicato contesto, qualche effetto positivo sta cominciando ad emergere da una delle ultime misure messe in campo dal governo, la moratoria che permette alle imprese in difficoltà di spalmare il finanziamento sospendendo alcune rate.
Ma più in generale, molto rimane da cambiare. Secondo Giovanni Bossi, amministratore delegato di Banca Ifis, quello che occorre è un "salto culturale" da parte di imprese e banche per riprendere a fare credito. "Servono - spiega Bossi - imprese più trasparenti e capaci di immaginare il futuro" e banche "più brave e meno pigre, perchè il confine tra la sopravvivenza e lo sviluppo di un'impresa e il suo default è proprio nel finanziamento bancario".