I dati relativi al mercato dei finanziamenti per il credito al consumo evidenziano ormai da tempo una netta riduzione della richiesta di finanziamenti, segno evidente della paura che gli italiani hanno ad indebitarsi in un momento di crisi.
Stando alle previsioni dell'Osservatorio nazionale di Federconsumatori non c'è da aspettarsi un miglioramento, almeno per i prossimi mesi. I dati relativi al credito al consumo nel 2012, confermano, infatti, un calo nella consistenza complessiva che, secondo l'Osservatorio, sarà pari a circa il 2%. Se fino al 2009, quando si avvertivano i primi sintomi della crisi finanziaria, l'indebitamento totale delle famiglie per il credito al consumo è andato sempre crescendo, passando da 48,4 miliardi di euro del 2002 a 115,1 miliardi di euro del 2009, a partire da questa data è iniziata una brusca discesa. Si è passati dai 113 miliardi del 2010 ai 112,2 miliardi di euro del 2011 e, per il 2012, la previsione è di 111 miliardi di euro di indebitamento totale, in calo del 2% rispetto all'anno precedente.
Del resto la forte riduzione degli acquisti, soprattutto nel settore delle automobili e dei ciclomotori, è sotto gli occhi di tutti. Viceversa, a causa della crisi finanziaria, sono sempre più numerosi gli italiani che si trovano costretti a dover richiedere dei prestiti per affrontare le necessità quotidiane. Come spiegano Federconsumatori e Adusbef, "le famiglie si indebitano sempre di più per sostenere le spese personali, e non per far fronte ad acquisti rateali". Un andamento molto grave, a cui si accompagna la forte contrazione dei consumi, persino nel settore alimentare. L'unico comparto che non conosce crisi e che, anzi, non è mai stato così fertile è quello del gioco, in grado di raccogliere oltre 90 miliardi di euro all'anno. Secondo le due associazioni l'unica soluzione per arrestare questa inarrestabile flessione del credito al consumo è dare sostegno al potere di acquisto delle famiglie ed allontanare la possibilità di un ulteriore aumento della tassazione, a partire dall'annullamento dell'Iva al 23%.