Sin a partire dalla metà del 2011 è in corso un processo di diminuzione dei prestiti bancari alle imprese. Nel 2009 era iniziata una ripresa, che si è progressivamente esaurita, fino all'inizio di una seconda fase del credit crunch, che si è protratta fino a tutto il 2012. Ora la domanda di credito è bassa, ma, anche quando è presente, spesso non trova rispondenza.
Il punto dolente consiste nel fatto che non sono solo le aziende in effettive difficoltà economiche a subire le conseguenze di questo atteggiamento da parte delle banche, ma soprattutto le imprese che hanno bisogno di denaro per effettuare nuovi investimenti. In particolare, le piccole e medie imprese, che competono sul mercato mondiale, non stanno ricevendo il sostegno che meriterebbero.
Di chi è la colpa di questa situazione? La Bce ha immesso denaro in circolo, ma non c'è stato il passaggio di questa liquidità nell'economia reale. Questo non è avvenuto perché le banche spesso hanno continuato ad immettere denaro proprio nei settori più disastrati, come ad esempio quello immobiliare. Il risultato paradossale è che ad essere penalizzate sono proprio le imprese più dinamiche. Molti finanziamenti, inoltre, si bloccano dopo la fase di concessione, questo in misura mai prima sperimentata.
Tutto questo segnala la presenza di una grave anomalia nel sistema complessivo, perché un fenomeno di questo tipo, se non adeguatamente contrastato, può provocare l'annullamento del potenziale di crescita dell'economia. Per il momento, le imprese che non risentono di questa situazione sono soprattutto quelle che sono radicate nel mercato estero, che ottengono anche finanziamenti privilegiati.
Questo blocco del credito ha un risultato pesante, in quanto esso è una causa della mancata crescita, visto che in assenza di esso anche chi vorrebbe investire non lo fa, e nello stesso tempo un effetto, perché, se l'economia non cresce, è la stessa domanda di credito a diminuire. Tutto questo rischia di innestare un circolo vizioso dal quale può risultare difficile uscire.