Si parla del pericolo del credit crunch come se fosse un effetto della crisi economica che deve ancora venire. Ma non è così. Stando ai dati del sondaggio condotto da Confapi Milano, presentato alla Camera di Commercio in occasione di una tavola rotonda, nell'ultimo anno la stretta del credito è stata una realtà cui hanno dovuto far fronte numerose piccole e medie imprese italiane. Nel 2011, ben il 56% delle imprese ha chiesto di poter ampliare i propri affidamenti, ma solo il 36% di queste ha avuto una risposta positiva, mentre il restante 19% ha fatto i conti con un rifiuto netto da parte degli istituti di credito. La mancanza di liquidità dovuta anche alla difficoltà a ottenere prestiti, ha quindi portato molte Pmi alla chiusura.
Alla tavola rotonda, intitolata "Recessione economica e credit crunch, imprenditori e istituzioni a confronto", hanno partecipato il presidente di Confapi, Paolo Galassi, il presidente della Camera di Commercio di Milano, Carlo Sangalli, il vicepresidente della Regione Lombardia, Andrea Gibelli e il direttore generale della direzione strategie e mercati finanziari dell'Abi, Gianfranco Torriero.
Dall'indagine emergono due problemi fondamentali che opprimono le piccole e medie imprese italiane. Il primo è la difficoltà a ottenere finanziamenti, dovuta anche alla poca trasparenza che le banche offrono nella valutazione della credibilità di un'impresa e della sua capacità di ricorso al credito (rating). Dall'analisi di Confapi, infatti, emerge che nel 46% dei casi gli istituti non rendono noto il rating relativo alle aziende e, quando lo comunicano, nell'81% non lo mettono per iscritto. Questo, come ha sottolineato Galassi, porta a una mancanza di investimenti, per cui "la recessione economica comprime gli utili delle aziende e alimenta il circolo vizioso dei mancati o ritardati pagamenti che fanno venir meno la liquidità per affrontare l'ordinaria gestione". Il secondo problema è legato alla tassazione, dal momento che "la finanza - osserva Galassi - aiuta di più le grandi imprese che le piccole".
A cercare di dare una risposta risolutiva a questi problemi è intervenuto il rappresentante dell'Abi Torriero, che ha affermato che "il mondo bancario sta studiando tutta una serie di misure per intervenire, in una fase negativa come l'attuale, a sostegno delle imprese. Abbiamo sottoscritto nel febbraio scorso un nuovo accordo su nuove misure in favore delle pmi, dove riproponiamo la moratoria, cioè la possibilità di non ripagare la quota capitale dei mutui o poter chiedere in banca l'allungamento dei prestiti". Torriero ha anche spiegato che si sta lavorando a due misure che dovrebbero entrare in vigore a breve. La prima misura "riguarda la gestione del supporto finanziario nei confronti delle imprese che vogliano investire e quindi ipotizzando un apposito plafond che supporti progetti d'investimento. L'altra misura cercherà di risolvere l'annoso problema della risoluzione dei ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione".
Infine,il presidente della Camera di Commercio di Milano, Sangalli, ha sottolineato l'urgenza di una soluzione per risolvere il problema del credit crunch per poter guardare di nuovo a una crescita del Paese. A questo proposito, ha ricordato Sangalli, "stiamo realizzando una raccolta fondi tra le principali Camere di Commercio italiane per favorire l'accesso al credito delle piccole e medie imprese impegnate sul fronte dell'internazionalizzazione, attraverso una sessione speciale del Fondo Centrale di Garanzia". Il fondo, pari a 20 milioni di euro, dovrebbe garantire un miliardo di crediti.