Cosa succede se il datore di lavoro si rifiuta di concedere la cessione del quinto? E soprattutto, è possibile che possa verificarsi una situazione del genere? Sono proprio queste le domande che abbiamo posto agli esperti di SuperMoney, comparatore di tariffe, chiedendo inoltre di spiegarci cosa possono fare i risparmiatori se al termine del finanziamento dovessero risultare alcune rate insolute. Ma procediamo con ordine, ricordando ai nostri lettori cos'è la cessione del quinto dello stipendio o della pensione e quali sono i vantaggi offerti ai risparmiatori da questa particolare soluzione di finanziamento.
La cessione del quinto dello stipendio o della pensione rientra tra le soluzioni di finanziamento per i pensionati e per i lavoratori più richieste in Italia. Infatti la possibilità di rimborsare la cifra ottenuta attraverso delle rate addebitate direttamente sulla pensione o sullo stipendio, solleva i risparmiatori da eventuali ritardi o dimenticanze e costituisce per le banche una valida forma di garanzia, ovvero la certezza che la somma erogata venga restituita. Inoltre, sapere che la rata non può superare un quinto dello stipendio o della pensione, offre ai risparmiatori un'ulteriore forma di certezza.
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Cessione del quinto: cosa succede se il datore di lavoro si oppone?
La cessione del quinto rappresenta una soluzione di finanziamento richiedibile dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, a cui i datori di lavoro non possono opporsi. Infatti, oltre a rappresentare un diritto per ogni lavoratore, la legge italiana chiarisce anche gli obblighi per il datore di lavoro che, oltre a non opporre alcuna resistenza, dovrà anche garantire di pagare puntualmente tutte le rate del finanziamento. Infatti in caso di ritardi o rate insolute sono previste pesanti sanzioni.
Tuttavia è bene ricordare che la cedibilità del finanziamento, sia in ambito pubblico che privato, è vincolata ad alcune variabili che riguardano tutte le parti coinvolte. Se il lavoratore ha già richiesto una cessione del quinto non potrà richiederne una nuova se non sono passati almeno due anni. Inoltre, se la prima richiesta di cessione del quinto prevede un piano di rientro decennale, il limite minimo previsto per una nuova richiesta si sposta almeno a quattro o cinque anni.
Cessione del quinto: e se le rate del lavoro risultano non pagate?
Come dicevamo, il datore di lavoro non può in alcun modo opporsi alla richiesta del lavoratore o impedire in alcun modo la cessione del quinto, anzi la legge prevede degli obblighi ben precisi. Il primo obbligo per il datore di lavoro è quello di pagare con regolarità e puntualità tutte le rate, fino al termine del finanziamento. Infatti, al momento di sottoscrizione del contratto il datore di lavoro si impegna a corrispondere le rate sollevando il lavoratore dall'obbligo di pagare bollettini o ricorrere ad altre soluzioni di pagamento. Il lavoratore, sia pubblico che privato, percepisce lo stipendio al netto della rata del finanziamento.
Nonostante la procedura, non è escluso che al termine del finanziamento possano risultare delle rate non pagate. Questo può accadere se datore di lavoro non versa la somma prevista dalla rata all'istituto di credito, generando in questo modo un'insolvenza. Dal momento che il datore di lavoro rappresenta una parte integrante del processo, la procedura di rimborso prevede una serie di obblighi anche per lui, come il rilascio di alcuni certificazioni che attestino il regolare versamento delle rate:
· la retribuzione mensile del suo dipendente;
· tutte le informazioni sul TFR maturato dal suo dipendente;
· tutte le informazioni sulle trattenute assistenziali o previdenziali e sull'IRPEF;
· una certificazione che attesti la stabilità finanziaria della propria azienda e il livello di rischio di perdita impiego da parte del dipendente.
ll datore di lavoro ha però la possibilità di scegliere anche il tipo di documentazione per trasmettere queste informazioni, che potrà essere differente da quelle indicate. Tutte questi dati dovranno essere trasmesse all'istituto di credito che eroga il finanziamento.