La BCE ha appena abbassato i tassi di interesse portandoli dallo 0,5% allo 0,25% che rappresenta il minimo storico. Mario Draghi ha evidenziato i segnali di ripresa dell'Europa ma anche lo spettro della deflazione che rischierebbe di far precipitare nuovamente il PIL dei paesi dell'Euro con la discesa dei prezzi.
Il taglio dei tassi ha naturalmente una certa influenza sul mondo del credito. Per chi investe nei conti deposito non si tratta certo di una buona notizia, dato che il rendimento di questa forma di investimento è proporzionale al costo del denaro: rispetto agli anni scorsi, quando in dodici mesi si guadagnava un interesse lordo del 4,5%, lo stesso risparmiatore otterrebbe oggi solamente un 3 o 4%.
Chi ha un mutuo a tasso fisso o sta rimborsando un prestito non avvertirà nessuna differenza, dato che solitamente gli interessi di questi prodotti creditizi sono costanti e predeterminati al momento della sottoscrizione per tutta la durata dell'ammortamento.
Chi invece ha un mutuo a tasso variabile potrà vedere il proprio tasso di interesse scendere. I finanziamenti legati direttamente al tasso BCE costeranno presto meno; la maggior parte dei mutui è indicizzata Euribor e i cali saranno ugualmente presenti ma meno consistenti, secondo gli analisti.
Secondo una stima degli economisti del Sole24Ore, le rate di un mutuo da 130 mila euro con ammortamento ventennale stipulato nel 2011 caleranno di quasi 15 euro. Per questi mutuatari, il tasso nel 2012 era praticamente raddoppiato (in media dall'1,20% di marzo fino al 2,60% di novembre) nel giro di pochi mesi e le richieste di mutuo erano notevolmente diminuite (influendo direttamente sul mercato immobiliare).
Grazie al taglio dei tassi operato dalla BCE gli indici Euribor sono dunque destinati ad arretrare e influire positivamente anche sul contenimento degli indici Irs che definiscono i tassi fissi dei mutui.
Per chi si apprestasse in questi giorni a richiedere un mutuo, è consigliabile puntare sul tasso fisso: sotto il 5% siamo di fronte ad un'offerta competitiva e difficilmente migliorabile (dato che un ulteriore calo degli spread sarebbe compensato da un aumento dell'Irs).
La scelta del tasso variabile potrebbe essere vincente per i primi due anni ma sul lungo termine rimane difficile prevedere un andamento altrettanto favorevole per i consumatori.
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