L'aumento dell'Iva dal 21% al 22% (ricordiamo che non c'è alcuna variazione per le aliquote ridotte del 4% e del 10%) in vigore ormai dal 1 ottobre risulta un aggravio per una moltitudine di soggetti (dai commercianti ai liberi professionisti). Una stima del Codacons prevede che l'aumento dell'Iva provocherà una stangata media pari 418 euro annui a famiglia.
Ma oltre a questo, l'aumento dell'Iva pone molti interrogativi. Tra questi c'è il dubbio sull'aliquota inerente i mutui. Il mutuo è un finanziamento normalmente concesso da banche, istituti di credito e società finanziarie per acquistare unità immobiliari. La durata e la modalità di rimborso dei finanziamenti in oggetto varia a seconda del contratto e dell'ente che concede il mutuo.
Quali sono le conseguenze dell'aumento dell'Iva per chi acquista casa o stipula un mutuo?
Nella maggior parte dei casi non ci sarà alcun aggravio fiscale. I mutui, infatti, non sono soggetti ad IVA, ma all'Imposta sostitutiva. Paragonabile ad un'imposta di bollo sul valore del mutuo, l'Imposta sostitutiva è pari allo 0,25% dell'importo del mutuo stesso in caso di acquisto della prima casa, e al 2% in caso di acquisto, invece, della seconda casa.
Diverso è il discorso per la compravendita delle abitazioni. Queste sono soggette ad Iva solo se il venditore è un'impresa edile (e cioè una persona giuridica) che vende l'immobile al massimo a 5 anni dal termine dei lavori di costruzione o ristrutturazione.
L'aliquota Iva ordinaria (quindi al 22%), inoltre, si applica solo agli immobili di lusso. Quelli "non di lusso" beneficiano dell'aliquota Iva ridotta del 4% se si tratta dell'acquisto della prima casa e del 10% nel caso in cui si tratti della seconda casa.
Nessun cambiamento, quindi, per chi richiede un mutuo oppure l'ha stipulato in passato.