Chi ha acceso un mutuo per la ristrutturazione della casa non deve temere. Non è, infatti, assolutamente necessario dotarsi di un permesso di costruzione per le ristrutturazioni interne che non comportino aumenti del volume o della superficie utile. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza numero 37713 del 2012 applicando così una pietra tombale su tutte le diatribe scatenate dagli opprimenti regolamenti condominiali, circoscrizionali e comunali che pretendevano di poter dire la loro anche su un semplice spostamento di tramezzo o su modifiche interne di poco conto.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino presentato contro la sentenza della Corte d'Appello di Lecce che lo aveva condannato per abuso edilizio a causa di lavori effettuati, senza alcun permesso e per giunta in una zona considerata sottoposta a vincolo paesaggistico. Nel corso del dibattimento è invece emersa una nuova verità processuale e cioè che i lavori, svolti nell' edificio già esistente, consistevano nella mera redistribuzione dei vani interni.
Secondo il Tribunale ordinario e la Corte d'Appello salentina, il fatto che l'edificio fosse preesistente non avrebbe potuto esentare dall'obbligo di richiedere il permesso di costruire, l'ignaro cittadino che aveva dovuto subire la duplice condanna nei due gradi.
Secondo questi ultimi, inoltre, il malcapitato cittadino denunziato dalle autorità comunali avrebbe determinato con i lavori abusivi l'aumento volumetrico della cubatura, quasi come se all'interno del fabbricato stesso si fosse verificato un intervento di nuova costruzione il che non era possibile a meno che non vi fosse stata una precedente demolizione. Durante il ricorso, i legali della difesa hanno invece provato che nessun ampliamento volumetrico né un aumento della superficie o delle altezze era intervenuto durante questi lavori di restauro interno.
Ai giudici della corte suprema non è restato altro che considerare l'intervento esattamente per quello che era e cioè una ristrutturazione, per la quale è sufficiente al massimo una Dia, la consuetà denuncia di inizio attività. Secondo la più recente interpretazione giurisprudenziale infatti, le opere interne necessitano del permesso di costruire nel caso in cui prevedano un aumento delle unità immobiliari, le modifiche dei volumi o dei prospetti e delle superfici e i cambi delle destinazione d'uso.
La Cassazione si è quindi conformata alle pronunce precedenti, affermando che la diversa distribuzione dei vani non comporta un aumento volumetrico. E anche l'accusa di aver violato i valori del paesaggio, è caduta mentre il cittadino ha ottenuto, con soddisfazione l'annullamento delle sentenze precedenti, tracciando una nuova pietra miliare del jus aedificandi.