L'amore per il fotovoltaico scoppiato negli Stati Uniti sta rapidamente contagiando anche le vicine Hawaii dove il settore è talmente cresciuto negli ultimi anni da mettere in crisi i gestori delle reti elettriche. Grazie anche al credito d'imposta favorevole e al programma del Governo hawaiano, che si è prefissato l'obiettivo minimo di ottenere il 40% della sua energia generata a livello locale da fonti rinnovabili entro il 2030, si è registrato, nell'ultimo periodo, il più alto tasso medio di elettricità della nazione prodotto grazie alle energie rinnovabili.
La maggior parte di proprietari di abitazioni e di aziende hanno scelto il fotovoltaico, installando gli impianti sui propri tetti e per capire meglio la "rivoluzione energetica hawaiana" basta pensare che il numero di impianti fotovoltaici presenti sull'isola è raddoppiato ogni anno a partire dal 2007 con circa 20.000 unità installate che producono circa 140 megawatt, vale a dire quanto una centrale elettrica di medie dimensioni. Questa rapida diffusione, però, sta portando con se alcuni problemi: l'Hawaiian Electric Co. di Oahu, che gestisce le utenze di Maui e Big Island, ha avvertito che l'esplosione del fai-da-te solare potrebbe minacciare la rete elettrica con la possibilità di fluttuazioni o cali di tensione e sbalzi improvvisi.
Per cercare di risolvere il "problema" e non perdere importanti fette di mercato, la società elettrica hawaiana aveva proposto, qualche tempo fa, una moratoria sugli impianti fotovoltaici, proposta che ha incontrato la ferma opposizione della popolazione locale. L'obiettivo del Governo, che ha intenzione di ottenere il 40% della propria energia generata a livello locale da fonti rinnovabili entro il 2030 sta per essere raggiunto; Big Island produce già il 44% della sua energia grazie a fonti rinnovabili e, di questo passo, potrebbe raggiungere il 100% entro i prossimi 10 anni.