In base a quanto emerge da un rapporto dell'International Energy Agency, denominato Medium-Term Coal Market Report, la prima fonte di approvvigionamento energetico globale in futuro non sarà rappresentata dalle fonti rinnovabili, ma dal carbone.
Secondo quanto afferma la IEA nel mondo la domanda di carbone continuerà a crescere gradualmente e a fare da traino a questa tendenza saranno in particolar modo due paesi le cui economie sono in forte ascesa: la Cina e l'India. I due paesi diventeranno nel medio termine i due principali consumatori mondiali di carbone. Questa scelta energetica dei due paesi asiatici avrà come effetto consequenziale che entro il 2017 il carbone diverrà la prima fonte energetica mondiale. La direttrice della IEA Maria Van der Hoeven afferma che "a partire dal 2017 nel mondo verranno bruciate 1.2 miliardi di tonnellate in più di carbone, quantità che corrisponde all'attuale consumo annuo di carbone da parte di USA e Russia".
Gli USA saranno, sempre secondo quanto descritto dal rapporto IEA, uno dei pochi paesi al mondo a non dover incrementare il consumo di carbone per produrre energia e ciò anche in virtù dell'aumento progressivo delle proprie riserve petrolifere. A marzo di quest'anno gli analisti di Citygroup hanno previsto che negli USA da qui al 2020 si registrerà un sostanziale raddoppio della produzione di petrolio e gas naturale. A novembre la stessa IEA sempre con riferimento agli States ha confermato la previsione di Citygroup affermando che nel giro di un decennio gli USA diverranno il primo produttore mondiale di petrolio, superando l'Arabia Saudita.
I risultati del rapporto IEA, per quanto attiene al previsto incremento nel ricorso al carbone come fonte energetica, creeranno dunque grande preoccupazione fra coloro che da sempre sostengono che la giusta strada per un efficace ed efficiente approvvigionamento energetico sia quella rappresentata dalle fonti rinnovabili (eolico e fotovoltaico).
Se questo è difatti l'indirizzo che la IEA fotografa come trend del mercato dell'energia a livello globale, sotto l'aspetto squisitamente legato alla tutela ambientale non si può far finta di nulla e negare che, come ha già evidenziato il Global Carbon Project, nel 2012 si è registrata una crescita delle emissioni di gas serra di origine industriale pari al 2.6% su scala mondiale, e ciò contro quelle voci che vengono diffuse e che minimizzano sugli effetti delle emissioni di gas serra, asserendo che il problema è ormai in via di soluzione.
Se da una parte gli sforzi dei paesi ricchi sembravano orientati verso la riduzione delle emissioni nell'atmosfera, in vista del perseguimento di programmi di sostenibilità ambientale, e precisi impegni in tal senso erano stati assunti all'atto della firma del celebre protocollo di Kyoto, in questa fase non si può non prendere atto che sono invece i paesi in via di sviluppo a non voler assumere alcun vincolo in tal senso, vincoli che potrebbero al momento costituire un limite rispetto alle loro prospettive di sviluppo economico. Il sostanziale fallimento registrato nei giorni scorsi a Doha della 18/a Conferenza mondiale per l'energia, nel corso della quale si sarebbe dovuto dare impulso alla fase due del protocollo di Kyoto, è significativo della tendenza in atto.