L'Italia è al primo posto nella classifica dei 20 Paesi (G-20) per la ricerca e gli investimenti nel campo dell'energia rinnovabile. Con un totale di investimenti nel 2011 di 28 miliardi di dollari, per una crescita del 38,4% rispetto all'anno precedente, il nostro Paese si è dimostrato uno dei protagonisti assoluti su scala mondiale nel campo delle energie pulite. Questo è quanto è stato rivelato dal rapporto annuale del Pew Charitable Trust, un osservatorio sociopolitico no profit che si occupa di temi legati allo sviluppo ed alla crescita a livello mondiale.
Dal rapporto è emerso che nel 2011 gli investimenti globali sulle energie pulite hanno raggiunto i 263 miliardi di dollari, con un aumento del 6,5% rispetto al 2020. In prima linea ci sono gli Stati Uniti (48 miliardi), seguiti da Cina (45,5 miliardi) ed Europa (99,3 miliardi). In relazione al nostro Paese, il "Pew Charitable Trust" ha evidenziato che nessuno Stato, negli ultimi cinque anni, in proporzione all'economia nazionale, ha ricevuto più investimenti di noi. Grazie ai finanziamenti del 2011, uniti a quelli precedenti, l'Italia ha prodotto 8 gigawatt di energia solare, con un tasso di crescita superiore a quello di tutti gli altri Paesi.
Phyllis Cuttino, direttore del Pew's Clean Energy Program ha affermato: "Mentre altre nazioni europee hanno apportato tagli significativi agli incentivi alle energie rinnovabili a causa delle pressioni sul bilancio, l'Italia ha salvaguardato i propri programmi di incentivazione con l'auspicio di stimolare la crescita economica. […]La sfida per l'Italia sarà perseguire le politiche in grado di offrire sicurezza a lungo termine agli investitori sul mercato in questo periodo di austerity fiscale".
Queste parole arrivano però dopo il varo dei due nuovi decreti ministeriali presentati mercoledì scorso dai ministri del Governo competenti, che vedono un taglio degli incentivi, soprattutto per il florido settore del fotovoltaico. Anche se il ministro Corrado Passera ha spiegato che il Governo "continua a credere nelle rinnovabili", la preoccupazione delle associazioni di settore è palpabile e il rischio è che l'Italia perda nei prossimi anni questo importante primato.