Per sapere quali sono gli operatori "più verdi" nel campo dell'energia, il consumatore medio potrà confrontare le indicazioni relative al mix di fonti di utilizzo per la fornitura dell'azienda contenute nella bolletta e confrontarle con quelle di altre compagnie. In base ad una delibera dell'Authority, il consumatore che compra energia verde, dalla prossima bolletta, in aggiunta all'informazione sul mix tecnologico complessivo dell'energia venduta, già obbligatoria per tutti i clienti, dovrà poter conoscere anche da quali fonti deriva il prodotto della propria azienda.
Questo provvedimento dell'Aeeg, che fa parte di una serie di norme in favore della trasparenza delle informazioni verso i clienti finali, rischia però di essere frainteso e di creare più confusione che chiarimenti nei consumatori medi.
Il dato che è riportato sulla bolletta di luce e gas, a cui tutti possono accedere, è infatti facilmente manipolabile, dal momento che non descrive le produzione effettiva delle singole società impegnate nel settore dell'energia, che possono aumentarlo comprando quote di energia rinnovabile sul mercato per risultare "più verdi". Secondo Gerardo Montanino, direttore operativo del Gestore servizi energetici, "la certificazione dell'energia immessa in rete come rinnovabile è un dato teorico, perché gli elettroni sono tutti uguali", pertanto "non rispecchia la produzione effettiva delle singole aziende, ma solo il modo in cui si approvvigionano".
Secondo Davide Tabarelli di Nomisma Energia, società che si occupa di stilare la graduatoria delle aziende 'più verdi' secondo i dati forniti dall'Aeeg, "la qualifica di quell'energia come rinnovabile è discutibile e rappresenta una grave distorsione del mercato". Ciò è da aggiungere al fatto che "le aziende elettriche possono arricchire le loro credenziali verdi acquistando quote di produzione dagli operatori dell'eolico o del fotovoltaico". In questo modo la percentuale di energia verde prodotta può essere gonfiata rispetto a quella effettiva.
Tabarelli ha anche aggiunto che "nella graduatoria delle società più virtuose, non prendiamo in considerazione gli scambi di tipo commerciale certificati dal Gse" per cui "resta da chiedersi che senso ha imporre l'obbligo di pubblicare in bolletta il mix energetico del fornitore, se poi le informazioni rischiano di essere fuorvianti per il consumatore medio".